“Attraverso il deserto Dio ci guida alla libertà”.
Il Papa osserva che c’è un deficit di speranza, un “impedimento a sognare”, “un grido muto” che arriva a Dio. Somiglia a quella nostalgia della schiavitù che paralizza Israele nel deserto, impedendogli di avanzare.
L’esodo può interrompersi: non si spiegherebbe altrimenti come mai un’umanità giunta alla soglia della fraternità universale e a livelli di sviluppo scientifico, tecnico, culturale, giuridico in grado di garantire a tutti la dignità brancoli nel buio delle diseguaglianze e dei conflitti.
Se questa è la realtà, l’altra certezza è che “Dio non si è stancato di noi” e vuol ancora condurci alla libertà e la Quaresima “è tempo di conversione, tempo di libertà”, in cui maturare una personale decisione di non ricadere più schiavi.
Un altro laccio che ci tiene legati: gli idoli del potere, del denaro e dell’io che spingono a coltivare una vita basata sul “potere tutto, essere riconosciuti da tutti, avere la meglio su tutti”.
La Quaresima, scrive ancora il Papa, ci chiede di fermarci in preghiera alla presenza di Dio e fermarci, come il Samaritano, alla presenza del fratello ferito.
Preghiera, elemosina e digiuno, sono tre espressioni dello stesso “movimento di apertura e di svuotamento” di sé a cui il tempo quaresimale ci invita.